La corsa sui colli e la tana del coniglio bianco

Ho sempre considerato la corsa come un’attività funzionale ad altri sport. Pensavo non avesse tanto senso di per se’ correre e basta, e perciò non l’ho mai fatto.
Mi sbagliavo.

Ho cominciato a correre lungo i sentieri delle colline spintonato dal desiderio di ritrovare un po’ di elasticità fisica e nella speranza di scaricare qualche tensione emotiva di troppo.
Esco alle prime dorate luci del mattino e seguo i sentieri nel bosco: il respiro si fa via via più profondo e veloce, il battito del cuore aumenta con l’accentuarsi del pendio, mentre i muscoli si contraggono ritmicamente.
Passo dopo passo i pensieri vanno e vengono, alcuni arrivano dal nulla, altri, talvolta, rimangono a ripetersi in testa, ossessivi, fino al momento magico in cui un’idea, una nuova considerazione non ha sufficiente forza per sbloccarli. Allora volano via.

La prima volta che sono salito nel bosco dietro casa mi ha sorpreso un piccolo e meraviglioso piacere clandestino che assomigliava tanto a quello di quando da bambino facevo certi giri in bicicletta, fuori dal paese, alla scoperta del mondo. All’insaputa di tutti.
Per cento metri è stato come correre a fianco di un bambino di nove anni che guardava chi era diventato.

Il giorno dopo quel momento era diventato una “felicità di ieri”.
E me lo guardavo senza immaginare di essere sull’uscio della tana del coniglio bianco.

Gianluca Sgreva

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